Roca-Rey o della Condizione Attuale dell’Eros
Il discorso sulle ascendenze arcaiche di Roca-Rey, sulle suggestioni che su di lui ha esercitato l’arte precolombiana, sulle sue inclinazioni verso le forme totemiche è già stato fatto ed è senz’altro criticamente calzante.
Fig 1, Castore e Polluce,1968In fondo è un discorso che rientra in quello più generale della scoperta del primitivo da parte delle avanguardie: per più di un aspetto il “caso” di Roca-Rey, a distanza di oltre sessant’anni, puo’ apparire un po’ come la traduzione su paralleli latino-americani del “caso” Brancusi. Brancusi, infatti, a contatto delle avanguardie nella Parigi dell’inizio del secolo, ha scoperto in chiave moderna i miti e la cultura della sua Oltenia contadina, risalendo sino alle invenzioni plastiche della Tracia; Roca-Rey, a contatto con gli sviluppi delle stesse avanguardie e specialmente a contatto col surrealismo nelle sue più acute declinazioni sudamericane, ha scoperto la straordinaria eredità plastica della sua terra peruviana.
Persino il modo di concentrarsi su di una simbologia primari ricorda Brancusi: il seme, l’ovoide, il mallo bivalve, la corolla-matrice (vedi fig. 1, NdR). È infatti una simbolica legata ai riti delle genesi naturali, ad una cosmogonia strettamente avvinta al rapporto mistico coi fenomeni terrestri e rurali (vedi fig. 2, NdR).
Fig. 2, Incandescente, 1970Ma quale differenza ormai, all’interno di una medesima ricerca simbolica, tra lo spiritualismo brancusiano, limpido e ascetico , e la fertile, tenebrosa e tropicale fantasia di Roca-Rey. Ma è proprio da qui, da questa impressionante diversità nell’ambito di una poetica che ha pure radici comuni, che si deve, appunto, iniziare il discorso specifico sulla scultura e sull’opera grafica di Roca-Rey: Breton ha redatto l’antologia dello “humor noir”, ha formulato per primo la definizione di “beauté amère” e quella di “beauté convulsive”. Non c’è nell’opera di Roca-Rey qualcosa che fa pensare direttamente a tali definizioni? Ricordando il surrealismo a proposito di Roca-Rey pensavo proprio a questo, pensavo cioè attraverso quale eccezionale lente contemporanea Roca-Rey è andato leggendo ed interpretando i “testi”, le tradizioni, la cultura remota del suo Continente. Senza dubbio il surrealismo gli ha permesso di ritrovare e rivivere i miti arcaici della sua terra nell’unico modo possibile: incerandoli nell’inquieta sensibilità d’oggi, mettendone in evidenza i valori primordiali al di là d’ogni complicazione canonica, cogliendone il nucleo vivente e palpitante: così sono nate le sue immagini: primitive e raffinate; misteriose, esoteriche, cosmiche e al tempo stesso immediate, attuali, fascinose; spontanee e insieme sofisticate.
Il filtro surrealista ha favorito questa operazione magica aiutando Roca-Rey a individuare dentro di sé la prorompente presenza dell’eros: l’eros come lievito della natura, come energia dell’inconscio, come principio di vita-morte. Ma non si pensi in alcun modo alla benché minima ortodossia surrealista da parte di Roca-Rey. Niente di tutto ciò. Il clima surrealista è stato soltanto la fortunata circostanza per un avvio. Quante altre dimensioni e significati sottintendono oggi le sue immagini.
L’eros di Roca-Rey ha una fisionomia inconfondibile: non è l’eros vittoriosamente mediterraneo di Picasso, non è l’eros intellettuale di Magritte o l’eros obitoriale di Delvaux. Non è neppure l’eros consumistico dei pop americani e nemmeno l’eros frigidamente elegante di un Wunderlich. Certo non si tratta di un eros felice. Per Roca-Rey l’eros è senz’altro il cuore del mondo, il suo battito, il suo respiro, ma quante contaminazioni convivono in tale cuore: ferocia, prevaricazione, offesa, maledizione. L’eros è una potenza senza confini coinvolta nell’impurità della nostra condizione esistenziale e storica, una potenza prigioniera da liberare e far agire nell’aridità di quest’epoca ferrea.
Quando si guardano i suoi disegni ci si rende subito conto del senso tragico, duro, assurdo grottesco che hanno e nel contempo della forza che da essi si sprigiona, quasi di un’ oscura eticità dentro una scena di eccitati sgomenti, quasi di una ragione bendata in una foresta di simboli irragionevoli.
Fig. 3, Alma Mater Corpus Domini, 1975E’ la stessa prodigiosa e prodiga fantasia di Roca-Rey che racchiude ed esprime una simile forza: una fantasia che solleva i fogli all’apice di una lucida vertigine, una fantasia viva, smisurata e tagliente, capace di dominare formalmente la più contraddittoria delle materie dove confluiscono l’impulso irrazionale, l’allucinazione, il sogno, la congerie oggettiva, in uno con la coscienza delle contraddizioni di cui s’alimenta l’immagine stessa. Di questa cosciente visionarietà sono fatte appunto, le Babeli moderne e arcaiche di Roca-Rey murate e irte di fallaci obelischi, di cuspidi ambigue, e invase da animali metallici (vedi fig. 3, NdR), in una luce ferma e livida, spettrale e arcana. Ma di qui si può pure capire il significato delle sue sculture, specie di quelle ch’egli chiama “Tabernacoli” (vedi fig. 4 e fig. 5, NdR).
Fig. 4, Tabernaculo (+), 1971Pare proprio che sia il culto dell’eros che Roca-Rey proponga. In questi tabernacoli sembra fondersi l’originaria civiltà peruviana con la sopraggiunta e costrittiva civilizzazione cattolico-europea. Nello schema del tabernacolo infatti Roca-Rey cela le forme mitico-erotiche del seme, della vulva, della matrice: i simboli della germinazione, della nascita e della crescita: i simboli elementari di una primitiva dialettica della natura presieduta da un dio ignoto, dall’urgente principio dell’eros.
Fig. 5, Tabernaculo (-), 1970Ma è chiaro che il “culto dell’eros” che Roca-Rey propone non è che una metafora: In fondo, per lui, l’eros rimane soprattutto un principio di libertà, un principio che ci viene dalle radici del mondo e che schemi, sistemi, coercizioni e violenze hanno mortificato e imprigionato.
Ora si tratta di spezzare i tabernacoli. Solo allora il principio dell’eros coinciderà con il principio della libertà. È giusta questa lettura di Roca-Rey? Come sempre l’immagine plastica è polivalente e ognuno potrà rinvenire nelle opere di Roca-Rey, accanto a questi, altri sensi, altri significati. Una cosa però è sicura: queste opere, frutto di una consumata perizia, di una mirabile esemplarità esecutiva, non hanno nulla di evasivo. Sono, al contrario, allarmanti segnali del nostro dramma e delle nostre compromesse speranze, della nostra amara nostalgia e del nostro costante desiderio.
Mario De Micheli
catalogo della “Mostra personale di Roca-Rey” Ed. carte Segrete, Roma 1973